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proposi di trovarle un maestro. Essa dapprima si spaventò della parola, ma poi si lasciò convincere facilmente quando le dichiarai che si poteva provare, e ch’essa sarebbe rimasta libera di congedarlo quando le fosse sembrato noioso o poco utile.
Anche con Augusta mi trovai quel giorno molto bene. Avevo l’animo tranquillo come se fossi ritornato da una passeggiata e non dalla casa di Carla o come avrebbe dovuto averlo il povero Copler quando abbandonava quella casa nei giorni in cui non gli avevano dato motivo ad arrabbiarsi. Ne godetti come se fossi giunto a un’oasi. Per me e per la mia salute sarebbe stato gravissimo se tutta la mia lunga relazione con Carla si fosse svolta in un’eterna agitazione. Da quel giorno, come risultato della bellezza estetica, le cose si svolsero più calme con le lievi interruzioni necessarie a rianimare tanto il mio amore per Carla, quanto quello per Augusta. Ogni mia visita a Carla significava bensì un tradimento per Augusta, ma tutto era presto dimenticato in un bagno di salute e di buoni propositi. Ed il buon proposito non era brutale ed eccitante come quando avevo nella strozza il desiderio di dichiarare a Carla che non l’avrei rivista mai più. Ero dolce e paterno: ecco che di nuovo io pensavo alla sua carriera. Abbandonare ogni giorno una donna per correrle dietro il giorno appresso, sarebbe stata una fatica a cui il mio povero cuore non avrebbe saputo reggere. Così, invece, Carla restava sempre in mio potere ed io l’avviavo ora in una direzione ed ora in un’altra.
Per lungo tempo i propositi buoni non furono tanto forti da indurmi a correre per la città in cerca del maestro che avrebbe fatto per Carla. Mi baloccavo col pro-