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do da quell’intervista acquistò una certa sicurezza. Pregò l’agente di tenerlo informato di ogni movimento nel prezzo; avrebbe aspettato volendo vendere non soltanto senza perdita, ma con un piccolo utile. L’agente rise discretamente eppoi nel corso del discorso disse una parola ch’io notai perchè mi parve molto vera:

— Curioso come a questo mondo vi sia poca gente che si rassegni a perdite piccole; sono le grandi che inducono immediatamente alla grande rassegnazione.

Guido non ne fece caso. Io ammirai però anche lui, perchè all’agente non raccontò per quale via noi fossimo arrivati a quell’acquisto. Glielo dissi ed egli ne menò vanto. Avrebbe temuto, mi disse, di screditare noi e anche la nostra merce raccontando la storia di quell’acquisto.

Poi, per parecchio tempo, non parlammo più del solfato, finchè cioè non venne da Londra una lettera con la quale ci si invitava al pagamento e a dare istruzioni per la spedizione. Ricevere, immagazzinare sessanta tonnellate! A Guido cominciò a girare la testa. Facemmo i calcoli di quanto avremmo speso per conservare tale merce per varii mesi. Una somma enorme! Io non dissi niente, ma il sensale che volontieri avrebbe vista la merce arrivare a Trieste perchè allora prima o poi avrebbe avuto lui l’incarico di venderla, fece osservare a Guido che quella somma che a lui pareva enorme, non era gran cosa se espressa in «percenti » sul valore della merce.

Guido si mise a ridere perchè l’osservazione gli pareva strana:

— Io non ho mica soli cento chili di solfato; ne ho sessanta tonnellate, purtroppo!

Egli avrebbe finito col lasciarsi convincere dal cal-