Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/363

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solo ritornai a quell’ufficio a cercare il sollievo ad una grande noia. Egli si comportò in conformità ai patti del nostro contratto secondo i quali io non avevo alcun obbligo ad un’attività regolare nei suoi affari e quando s’imbatteva in me a casa o altrove, mi dimostrava la solita grande amicizia di cui gli ero sempre grato e non sembrava ricordare ch’io avessi lasciato vuoto il posto a quel tavolo ch’egli aveva comperato per me. Fra noi due non c’era che un solo imbarazzo: il mio. Quando ritornai al mio posto m’accolse come se dall’ufficio io fossi stato assente per un giorno solo, m’espresse con calore il suo piacere di aver riconquistata la mia compagnia e, sentito il mio proposito di riprendere il mio lavoro, esclamò:

— Ho fatto dunque bene a non permettere a nessuno di toccare i tuoi libri!

Infatti trovai il mastro ed anche il giornale al punto ove li avevo lasciati.

Luciano mi disse:

— Speriamo che ora che lei è qui, ci moveremo di nuovo. Penso che il signor Guido sia scoraggiato per un paio di affari che tentò e che non gli riuscirono. Non gli dica nulla che io le parlo così, ma guardi se può incoraggiarlo.

M’accorsi infatti che in quell’ufficio si lavorava ben poco e finchè la perdita subita col solfato di rame non ci vivificò, vi si menò una vita veramente idillica. Io ne conclusi subito che Guido non sentisse più tanto urgente bisogno di lavorare per far movere Carmen sotto la sua direzione e, altrettanto presto, che il periodo della corte da loro fosse passato e che oramai essa fosse divenuta la sua amante.

L’accoglienza di Carmen mi portò una sorpresa per-