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— Mi sentirei di abbaiare come un cane contro quei suoni!

Strano! Augusta invece era beata quando passando dinanzi al mio studiolo sentiva uscirne i miei suoni aritmici!

— Eppure anche il matrimonio di Ada è stato un matrimonio d’amore, — dicevo io stupito. — Non è il violino la miglior parte di Guido?

Tali chiacchiere furono del tutto dimenticate quando io rividi per la prima volta Ada. Fui proprio io che per il primo m’accorsi della sua malattia. Uno dei primi giorni del Novembre — una giornata fredda, priva di sole, umida, — abbandonai eccezionalmente l’ufficio alle tre del pomeriggio e corsi a casa pensando di riposare e sognare per qualche ora nel mio studiolo caldo. Per recarmivi dovevo passare il lungo corridoio, e dinanzi alla stanza di lavoro di Augusta mi fermai perchè sentii la voce di Ada. Era dolce o malsicura (ciò che si equivale, io credo) come quel giorno in cui era stata indirizzata a me. Entrai in quella stanza spintovi dalla strana curiosità di vedere come la serena, la calma Ada, potesse vestirsi di quella voce che ricordava un po’ quella di qualche nostra attrice quando vuol far piangere senza saper piangere essa stessa. Infatti era una voce falsa o io la sentivo così, solo perchè senza neppure aver visto chi la emetteva, la percepivo per la seconda volta dopo tanti giorni sempre egualmente commossa e commovente. Pensai parlassero di Guido, perchè quale altro argomento avrebbe potuto commovere a quel modo Ada?

Invece le due donne, prendendo una tazza di caffè insieme, parlavano di cose domestiche: biancheria, servitù eccetera. Ma mi bastò di aver vista Ada per inten-