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previsto che prima o poi tutto il fabbricato con me si sarebbe sprofondato nelle fiamme.

La guerra mi prese, mi squassò come un cencio, mi privò in una sola volta di tutta la mia famiglia ed anche del mio amministratore. Da un giorno all’altro io fui un uomo del tutto nuovo, anzi, per essere più esalto, tutte le mie ventiquattr’ore furono nuove del tutto. Da ieri sono un po’ più calmo perchè finalmente, dopo l’attesa di un mese, ebbi le prime notizie della mia famiglia. Si trova sana e salva a Torino mentre io già avevo perduta ogni speranza di rivederla.

Devo passare la giornata intera nel mio ufficio. Non vi ho niente da fare, ma gli Olivi, quali cittadini italiani, hanno dovuto partire e tutti i miei pochi migliori impiegati sono andati a battersi di quà o di là e perciò devo restare al mio posto quale sorvegliante. Alla sera vado a casa carico delle grosse chiavi del magazzino. Oggi che mi sento tanto più calmo, portai con me in ufficio questo manoscritto che potrebbe farmi passar meglio il lungo tempo. Infatti esso mi procura un quarto d’ora meraviglioso in cui appresi che ci fu a questo mondo un’epoca di tanta quiete e silenzio da permettere di occuparmi di giocattoletti simili.

Sarebbe anche bello che qualcuno m’invitasse sul serio di piombare in uno stato di mezza coscienza tale da poter rivivere anche soltanto un’ora della mia vita precedente. Gli riderei in faccia. Come si può abbandonare un presente simile per andare alla ricerca di cose di nessun’importanza? A me pare che soltanto ora sono staccato definitivamente dalla mia salute e dalla mia malattia. Cammino per le vie della nostra misera città, sentendo di essere un privilegiato che non va alla