Pagina:Svevo - La novella del buon vecchio e della bella fanciulla ed altri scritti, 1929.djvu/144

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su mia moglie e su mia figlia. Ci compativa, e i suoi begli occhi grigi si posavano su noi, sereni, per cercare dove ci fosse il fallo, che, secondo lei, non poteva mancare dove c’era il dolore.

Ciò accrebbe il mio rancore per mia moglie, il cui contegno ci umiliava a quel modo. Ci rendeva inferiori a tutti, anche ai più meschini, a quella tavola. Laggiù, in fondo, anche i bimbi di mia cognata avevano cessato di chiacchierare e commentavano l’accaduto accostando le testine. Ghermii il bicchiere, dubbioso se vuotarlo o scagliarlo contro la parete o magari contro i vetri di faccia. Finî col vuotarlo d’un fiato. Questo era l’atto più energico, perchè asserzione della mia indipendenza: mi parve il miglior vino che avessi avuto quella sera. Prolungai l’atto versando nel bicchiere dell’altro vino, di cui pure sorbii un poco. Ma la gioia non voleva venire, e tutta la vita anche troppo intensa, che ormai animava il mio organismo, era rancore. Mi venne un’idea curiosa. La mia ribellione non bastava per chiarire tutto. Non avrei potuto proporre anche alla sposa di ribellarsi con me? Per fortuna proprio in quel-