Pagina:Svevo - La novella del buon vecchio e della bella fanciulla ed altri scritti, 1929.djvu/189

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fratelli la prendevano insieme. Era condita da un grande affetto, l’affetto ereditato dalla loro prima giovinezza. Mario era per Giulio sempre molto giovine, e Giulio per Mario il vecchio che avrebbe saputo consigliarlo in ogni evenienza. Giulio non s’accorgeva quanto Mario gli andasse somigliando nella prudenza e nella lentezza, come se avesse avuto la gotta anche lui, e Mario non vedeva che il vecchio fratello ormai non poteva dargli consigli, non avrebbe mai detto cosa che non fosse stata spiata dal suo proprio desiderio. Era anche giusto: non si trattava di consigliare o d’ammonire; bisognava sostenere e incoraggiare. Ciò riusciva anche più facile a un gottoso, per quanto non sembri. E quando Mario concludeva l’esposizione di una sua idea, di una sua speranza o intenzione con le parole: — Ti pare? — a Giulio assolutamente pareva, e consentiva convinto. Perciò per ambedue la letteratura era una bonissima cosa, e la parca cena era migliore, condita da un mite affetto sicuro, che escludeva qualsiasi dissenso.

Un piccolo dissenso ci fu tra i due fratelli per quei benedetti uccellini che si portavano