Pagina:Svevo - La novella del buon vecchio e della bella fanciulla ed altri scritti, 1929.djvu/307

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La salutai piegandomi verso la lastra per esser visto, e accompagnai il mio saluto di un sorriso che doveva significare la mia ammirazione per il suo coraggio e la sua giovinezza. Subito poi cessai il sorriso ricordando che scoprivo il tanto oro che c’era nella mia bocca e restai a guardarla serio e intento. La giovinetta ebbe il tempo di guardarmi con curiosità, e rispose al saluto con un cenno esitante che rese molto compunta la sua faccina da cui era sparito il sorriso c che così cambiò di luce come se fra lei e i miei occhi si fosse frapposto un prisma.

Augusta aveva portato l’occhialino agli occhi subito quando aveva temuto di veder finire la giovanetta sotto ad un’automobile. Salutò anche lei per associarsi a me, e domandò: — Chi è quella giovinetta?

Io proprio non ne ricordavo il nome. Ficcai gli occhi nel passato col vivo desiderio di ritrovarcelo e passai presto di anno in anno, lontano, lontano. La scoprii accanto ad un amico di mio padre. — La figlia del vecchio Dondi — mormorai malsicuro. Ora che avevo fatto quel nome mi parve di ricordare meglio. Il ricordo della giovinetta portava con sè quello di un