Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/120

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gnarla io. Non si crederebbe. Egli è tanto innamorato! Più ancora che non tu di me.

S’interruppe. Aveva capito dall’espressione della sua faccia quanto egli fosse lontano dal crederle e tacque mortificata di aver detto due patenti bugie. Poggiò le mani sullo schienale di una sedia vicina e vi esercitò uno sforzo violento. Aveva sulla faccia una mancanza assoluta di espressione, e guardava con ostinazione una macchia grigia sulla parete. Doveva essere quello il suo aspetto quando soffriva.

Allora egli provò una strana compiacenza a provarle che sapeva proprio tutto e che ai suoi occhi ella era definitivamente perduta. Poco prima si sarebbe quasi accontentato di poche parole: il triste imbarazzo di Angiolina lo rese ciarliero. Ebbe la piena coscienza di un grande godimento. Dal lato sentimentale era la prima volta che Angiolina lo soddisfacesse perfettamente. Così, senza parole, ella era proprio una donna amante convinta di tradimento.

Poco dopo ci fu però un istante in cui la conversazione minacciò di divenire allegra, allegra. Per ferirla, egli ricordò le cose ch’ella aveva prese al caffè a spese dell’ombrellaio. — Giulia un bicchierino di un liquore trasparente, tu una tazza di cioccolata con una batteria di focaccie.

Allora — oh, dolore! — ella si difese energicamente, e il suo volto si colorò per qualche cosa che doveva somigliare la virtù calunniata. Finalmente le era attribuita una colpa che non aveva, ed Emilio