Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/227

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di quei signori Deluigi. Egli non portò con sè alcun rancore contro Angiolina perchè la sua soddisfazione, quella sera, era stata proprio perfetta.

Il giorno dopo si ritrovarono a mezzodì ambedue di umore eccellente. Angiolina assicurò che la madre non s’era accorta di nulla. Poi disse che deplorava d’essersi lasciata cogliere in quello stato. La colpa non era sua: — Quel maledetto vecchio Deluigi!

Egli la tranquillò, assicurandola che se fosse dipeso da lui ella si sarebbe ubbriacata una volta al giorno. Poi composero la lettera al Volpini con un’accuratezza di cui non sarebbero sembrati capaci nello stato d’animo in cui si trovavano.

Angiolina era potuta sembrare superiore nell’interpretazione della lettera del Volpini; la risposta colò intera dalla penna esperta di Emilio.

Ella avrebbe voluto scrivere una lettera d’insolenze; voleva sfogare in essa soltanto l’indignazione di una ragazza onesta, sospettata a torto. — Anzi — osservò con un’ira magnanima — se il Volpini fosse qui, gli darei uno schiaffo, senz’addurre alcuna giustificazione. Sarebbe subito convinto d’aver avuto torto.

Non c’era male, ma Emilio voleva procedere con maggior cautela. Con grande ingenuità e senza che ella pensasse d’offendersene, le raccontò ch’egli, per studiare con più facilità il problema, s’era posta la domanda: Nei panni d’Angiolina come si sarebbe comportata una ragazza onesta? Non raccontò che aveva concretata la donna onesta in Amalia e s’era