Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/238

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La signora lo seguì nella stanza d’Amalia. Emilio fece quei pochi passi con un’angoscia indicibile. Chissà quale nuovo spettacolo lo attendeva. Nella stanza vicina non si sentiva alcun rumore, mentre a lui era sembrato che il respiro d’Amalia dovesse essere udito in tutta la casa.

La trovò voltata contro il muro. Parlava ora di un incendio; vedeva fiamme che non potevano farle altro male che mandarle un calore terribile. Egli si chinò a lei e per richiamare la sua attenzione la baciò sulle gote infiammate. Quando ella si volse a lui, egli volle assistere, prima d’andarsene, all’impressione che avrebbe fatto sulla fanciulla la vista della compagna che le lasciava. Amalia guardò la nuova venuta per un solo istante, con piena indifferenza.

— Io gliel’affido — disse Emilio alla signora. Poteva farlo. La signora aveva una faccia dolce di madre; i suoi piccoli occhi si posavano su Amalia pieni di pietà. — La signorina mi conosce — disse ella e sedette accanto al letto. — Sono Elena Chierici e sto qui al terzo piano. Ricorda quel giorno in cui ella mi prestò il termometro per misurare la febbre a mio figlio?

Amalia la guardò: — Sì, ma brucia e brucerà sempre.

— Non brucerà sempre — disse la signora Elena chinandosi a lei con un buon sorriso d’incoraggiamento e gli occhi umidi dalla compassione. Pregò Emilio di darle, prima di uscire, una boccia d’acqua