Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/251

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tore aveva concluso dai sintomi presentati dalla malattia di Amalia di aver a fare con un’alcoolizzata, e ricordava d’aver osservato ch’Emilio era capace dei pudori più falsi. Voleva indurlo a dire la verità che il dottore doveva conoscere.

Emilio indovinò il significato di quell’occhiata. — Come puoi credere una cosa simile? Ella, bere! Non sa neppure bere dell’acqua in abbondanza. Ci mette un’ora per un bicchiere d’acqua.

— Se ella me lo assicura — disse il dottore — tanto meglio, perchè un organismo, per quanto debole, può resistere alle temperature elevate, quando non è fiaccato dall’alcool. — Guardò la ricetta un po’ esitante, ma poi la lasciò intatta, ed Emilio comprese di non essere stato creduto. — In farmacia le daranno un liquido di cui vorrà far prendere all’ammalata un cucchiaio ogni ora. Anzi vorrei parlare con la signora che l’assiste.

Emilio ed il Balli seguirono il dottore e lo presentarono alla signora Elena. Il Carini spiegò che desiderava si tentasse di far sopportare all’ammalata delle compresse ghiacciate al petto, e disse che ciò sarebbe stato vantaggiosissimo per la cura.

— Oh, le sopporterà! — disse Elena con un fervore che sorprese i tre uomini.

— Adagio — fece il dottore sorridendo lieto di veder l’ammalata in mani sì pietose. — Non desidero la si costringa, e se dimostrasse una ripulsione troppo forte pel freddo, bisognerebbe rinunziare a tale tentativo.