Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/270

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puto raggiungerla; si chinò, cercò un sasso, e non trovandone raccolse delle pietruzze che le scagliò dietro. Il vento le portò e qualcuna dovette colpirla perchè ella gettò un grido di spavento; altre furono arrestate dai rami secchi degli alberi e produssero un rumore sproporzionatissimo all’ira che le aveva lanciate.

Che fare ora? L’ultima soddisfazione cui aveva anelato, gli era stata negata. Ad onta di tanta sua rassegnazione tutto intorno a lui rimaneva rude, senza dolcezza; egli stesso era brutale! Le arterie gli battevano dalla sovraeccitazione; in quel freddo egli ardeva d’ira, di febbre, immobile sulle gambe paralitiche e già era rinato in lui l’osservatore calmo che lo rimproverava.

— Non la rivedrò mai più — disse come per rispondere ad un rimprovero. Mai! Mai! E quando potè camminare, questa parola gli risuonò nel rumore dei propri passi e nel sibilo del vento sul paesaggio sconsolato. Sorrise da solo ripassando per i luoghi per cui era venuto e ricordando le idee che lo avevano accompagnato a quell’appuntamento. Come rimaneva sorprendente la realtà!

Non andò subito a casa. Gli sarebbe stato impossibile d’atteggiarsi ad infermiere in quello stato d’animo. Il sogno lo possedeva intero, tanto che non avrebbe saputo dire per quali vie fosse poi rincasato. Oh! Se l’abboccamento con Angiolina fosse stato quale egli l’aveva voluto, avrebbe potuto andare di-