Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/30

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quillò: — Povera fanciulla! Onesta e non astuta.

Non sarebbe stato meglio di renderla meno onesta e più astuta? Fattasi questa domanda, gli venne la magnifica idea d’educare lui quella fanciulla. In compenso dell’amore che ne riceveva, egli non poteva darle che una cosa soltanto: la conoscenza della vita, l’arte di approfittarne. Anche il suo era un dono preziosissimo, perchè con quella bellezza e quella grazia, diretta da persona abile come era lui, avrebbe potuto essere vittoriosa nella lotta per la vita. Così, per merito suo, ella si sarebbe conquistata da sè la fortuna ch’egli non poteva darle. Subito le volle dire una parte delle idee che gli passavano per il capo. Cessò di baciarla e d’adularla e, per insegnarle il vizio, assunse l’aspetto austero di un maestro di virtù.

Con un’ironia di se stesso in cui spesso si compiaceva, si mise a compiangerla d’essere caduta fra le mani di un uomo come lui, povero di denaro e anche di qualche cosa d’altro, energia e coraggio. Perchè se egli avesse avuto del coraggio, — e facendole per la prima volta una dichiarazione d’amore più seria di tutte le precedenti, la sua voce si alterò in una grande commozione, — egli si sarebbe presa la sua bionda fra le braccia, se la sarebbe stretta al petto e l’avrebbe portata attraverso alla vita. Ma invece egli non si sentiva da tanto. Oh, la miseria in due era cosa orribile; era la schiavitù, la più dolorosa di tutte. La temeva per sè e per lei.

Ella qui lo interruppe: — Io non avrei paura —