Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/60

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be dimostrato energia nel modo con cui avrebbe trattato Angiolina, non nel fuggirla vigliaccamente.

Lo scultore lo accolse con una bestemmia brutale: — Sei vivo ancora? Bada che se, come sembrerebbe dalla tua faccia contrita, ti avvicini per chiedermi un favore, sprechi fatica e fiato. Bastardo!

Gli gridava nelle orecchie comicamente minaccioso, ma Emilio fu liberato da ogni dubbio. L’amico, parlandogli d’appoggio, gli aveva dato un buon consiglio e, chi meglio del Balli avrebbe potuto soccorrerlo in quei frangenti? — Te ne prego — supplicò, — avrei un consiglio da chiederti.

L’altro si mise a ridere. — Si tratta d’Angiolina, nevvero? Non voglio saperne di cose che la concernono. È capitata fra noi a dividerci e ci stia, ma non mi secchi altrimenti.

Avrebbe potuto essere più brusco ancora che Emilio cionondimeno non avrebbe rinunziato ad averne il consiglio. Da quello doveva risultare la salvezza; Stefano, che tanto bene se ne intendeva, gli avrebbe indicata lui la via da seguirsi per continuare a godere senza più soffrire. In un solo istante giunse così dall’altezza di quel suo primo virile proposito alla più bassa abiezione: la coscienza della propria debolezza e la perfetta rassegnazione alla stessa. Chiamava aiuto! Avrebbe voluto conservare almeno l’aspetto della persona che domanda un semplice consiglio tanto per udire un parere altrui. Per un effetto meccanico, invece, quei gridi nelle orecchie