Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/81

Da Wikisource.

— 77 —

frazione d’ora, la coscienza lo rimorse. Per farla tacere, a mezzodì del giorno appresso corse da Emilio per tenergli un predicozzo. Un buon ragionamento avrebbe potuto curare Emilio meglio dell’esempio e se anche non fosse servito affatto, sarebbe valso almeno a fargli riacquistare la veste di amico e consigliere e togliergli l’aspetto di rivale da lui assunto per una debolezza ch’egli diceva una distrazione.

Venne ad aprirgli la signorina Amalia. Quella ragazza ispirava al Balli un sentimento poco gradevole di compassione. Egli credeva fosse permesso di vivere soltanto per godere della fama, della bellezza o della forza o almeno almeno della ricchezza, ma altrimenti no, perchè si diveniva un ingombro odioso alla vita altrui. Perchè dunque viveva quella povera fanciulla? Era un errore evidente di madre natura. Talvolta, quando veniva in quella casa e non ci trovava l’amico, adduceva qualche pretesto per andarsene subito subito perchè quella faccia pallida e quella voce fioca lo rattristavano profondamente. Ella, invece, che aveva voluto vivere la vita di Emilio, s’era considerata amica del Balli.

— È in casa Emilio? — chiese il Balli impensierito.

— S’accomodi, signor Stefano — disse Amalia lieta. — Emilio! — gridò. — C’è il signor Stefano. — Poi fece al Balli un rimprovero: — Da tanto tempo non si aveva il piacere di vederla! Anche lei ci dimentica?

Stefano si mise a ridere: — Non sono mica io