Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/82

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che abbandono Emilio; è lui che non vuole più saperne di me.

Accompagnandolo verso la porta del tinello, ella mormorò sorridendo: — Eh, già, intendo. — Così avevano già parlato di Angiolina.

Il quartierino si componeva di tre sole stanze alle quali, dal corridoio, si accedeva per quell’unica porta. Perciò, quando capitava qualche visita nella stanza di Emilio, la sorella si trovava prigioniera nella propria ch’era l’ultima. Non era facile ch’ella si presentasse spontaneamente; era più selvaggia con gli uomini che non Emilio con le donne. Ma il Balli, dal primo giorno in cui era venuto in casa, aveva fatta eccezione alla regola. Dopo averlo sentito spesso descrivere come un uomo rude, ella lo vide per la prima volta alla morte del padre; subito si familiarizzò con lui, meravigliata della sua mitezza. Egli era un confortatore squisito. Aveva saputo tacere e parlare a tempo. Con discrezione, qua e là aveva saputo discutere e regolare l’enorme dolore della fanciulla; talvolta l’aveva aiutato, suggerendole l’espressione più precisa, più soddisfacente. Ella s’era abituata a piangere in sua compagnia, ed egli era venuto di frequente, compiacendosi di quella parte di confortatore da lui tanto bene intuita. Cessato quello stimolo, egli s’era ritirato. La vita di famiglia non gli si confaceva e poi, a lui che amava soltanto le cose belle e disoneste, l’affetto fraterno offertogli da quella brutta fanciulla doveva dar noia. Era del resto la prima volta ch’ella gli avesse mosso