Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/95

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in città e in procinto di dividersi, Amalia che improvvisamente era ammutolita sentendosi di nuovo vicina alla sua abituale solitudine, per dire qualche cosa e rompere il silenzio che già incombeva su lei, domandò chi fosse l’uomo che accompagnava Angiolina. — Suo zio — disse il Brentani, serio serio, dopo una lieve esitazione, mentre Stefano lo guardava con occhio ironico vedendolo arrossire. L’occhio innocente della sorella lo faceva vergognare. Come Amalia sarebbe stata sorpresa che il grande amore del fratello, quell’amore pel quale ella già tanto aveva sofferto, fosse fatto a quel modo.

— Grazie! — disse Amalia congedandosi da Stefano. Oh, quale ricordo dolce di quelle ore le sarebbe rimasto se, per disgrazia, non si fosse accorta che in quel momento il Balli non poteva parlare perchè in lotta con uno sbadiglio che gli paralizzava la bocca. — Ella s’è annoiato. Tanto più la ringrazio. — Umile e buona tanto, commosse Stefano il quale si sentì subito di volerle bene. Spiegò che lo sbadiglio in lui era affare di nervi. Le avrebbe provato ch’egli non s’annoiava in loro compagnia, se lo sarebbero trovato molto spesso fra’ piedi.

Infatti mantenne la parola. Sarebbe stato difficile dire perchè egli ogni giorno facesse quelle scale per andare a prendere il caffè dai Brentani. Era gelosia, probabilmente; egli lottava per conservarsi l’amicizia d’Emilio. Ma Amalia non poteva indovinare tutto ciò. Ella riteneva ch’egli venisse più spesso da loro per il più semplice affetto per il fratello, affetto di