Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/94

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il saluto amichevole o rispettoso per il Balli, e i saluti gli venivano anche dagli equipaggi. Ella si sentiva bene accanto a lui e gioiva di quella passeggiata trionfale come se una parte della riverenza che veniva dimostrata allo scultore fosse stata destinata a lei.

— Guai se non fossi venuto! — disse il Balli rispondendo con un bel saluto misurato ad una vecchia signora che s’era sporta dalla carrozza per vederlo. — La gente sarebbe ritornata a casa delusa. — Si era sicuri di trovarlo al passeggio della domenica ch’egli festeggiava come un operaio col Brentani il quale gli altri giorni era chiuso in ufficio.

Ange! — mormorò Amalia ridendo con discrezione. L’aveva riconosciuta alla descrizione che gliene era stata fatta e al turbamento di Emilio.

— Non ridere! — pregò Emilio con calore e confermando la scoperta di Amalia. Anche lui vedeva qualche cosa di nuovo: il sarto Volpini, un esile omino più insignificante ancora per colpa della splendida figura femminile accanto alla quale marciava con un suo passo allungato con isforzo e vanto. I due uomini salutarono ed il Volpini rispose con esagerata gentilezza. — Ha il colore di Angiolina, — rise il Balli. Emilio protestò: come si poteva confrontare la paglia del Volpini con l’oro di Angiolina? Si volse e vide che l’Angiolina china, parlava al suo compagno il quale guardava in alto, finalmente non gobbo. Parlavano certo di loro.

Soltanto più tardi, quando si trovarono di nuovo