Pagina:Svevo - Una vita, 1938.djvu/228

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Si fece allo sportello. La città con le sue bianche case alla riva in largo semicerchio abbracciava il mare e sembrava che tale forma le fosse stata data da un’onda enorme che l’avesse respinta al centro. Era grigia e triste, una nube sempre piú densa sul capo sembrava da essa prodotta perché a lei tinta dalle sue nebbie, l’unica traccia della sua vitalità. Era là dentro, in quell’alveare, che la gente si affannava per l’oro, e Alfonso, che là aveva conosciuto la vita e che credeva che cosí non fosse che là, respirò liberandosi con la foga da quella cappa di nebbia. 


XVI


Nell’agitazione degli ultimi giorni aveva del tutto dimenticato che il suo viaggio non gli apportava soltanto il piacere di sfuggire i luoghi odiati ma anche la felicità di rivedere il suo paesello. 

Lo evocò dinanzi alla mente e fu subito liberato da ogni amarezza. Si sentiva una gioia purissima all’idea del piacere inaspettato che apportava alla madre. 

Il villaggio era un gruppo di case gettato là in un cantuccio dell’immensa e verde vallata attraversata diagonalmente dalla ferrovia. La stazione giaceva a un tiro di schioppo dal villaggio. Era un casotto da cantoniere elevato alla dignità di stazione in seguito alla domanda fattane dal deputato della regione. Prima si doveva lasciare la ferrovia alla stazione precedente e andare al villaggio in carretta. — Povera ma gente felice! — pensò Alfonso rammentandosi del gaudio che era regnato nel villaggio allorché ottenne la sua stazione. E la bella via che avevano costruito per congiungere la nuova stazione al villaggio! Diritta come sulla carta e larga che ci potevano correre simultaneamente tre carri. 

La casa dei Nitti essendo lontana dalla stazione quanto il villaggio stesso, il padre di Alfonso per giungervi aveva voluto avere anche lui una via piú breve che quel-