Pagina:Svevo - Una vita, 1938.djvu/229

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la oltre il villaggio, e a questo scopo aveva fatto migliorare un viottolo già esistente che andava oltre ai campi dalla sua casa e che si ricongiungeva circa a mezza via alla strada comunale. A quanto Alfonso se ne rammentava, suo padre era stato uomo che aveva dovuto aver vissuto anche in centri popolati; eppure anche lui con quanta semplicità si compiacque che quel viottolo venisse denominato nel villaggio: «Via Nitti». 

Alfonso voleva ricordarsi dell’esistenza di quel viottolo che doveva ora condurlo piú presto fra le braccia di sua madre. 

Dinanzi al casotto, appoggiato ad un grosso bastone, assisteva al passaggio del treno il notaio Mascotti. Era vestito con una giubba di velluto nero, pantaloni chiari e stivali altissimi. Tozzo e grosso ma alquanto curvo dall’età, una faccia abbrunata dal sole circondata da una barba corta grigia, era una figura da soldato ma da soldato in ritiro. 

— Già qui? — chiese sorpreso ad Alfonso. 

Alfonso altrettanto sorpreso di rimando chiese: — Ella mi attendeva? 

— No! no! — fece il notaio portando lentamente l’indice alle radici del naso che fregò fino all’altezza dell’occhio. Alfonso comprese dal gesto, ch’egli ricordava, che il notaio rifletteva intensamente. Con naturalezza che ingannò anche Alfonso aggiunse: — Mi sorprende di vederla, ecco tutto! Non l’attendevo. 

Scesero dall’argine sulla strada passando accanto al casotto abitato dal cantoniere e dalla sua famiglia, la moglie e due figliuoli seminudi che guardavano con tanto d’occhi Alfonso come se fosse piovuto dal cielo. Dei due fanciulli, uno di sei anni vestito di una camicia e di calzoni che gli arrivavano al ginocchio, teneva in braccio l’altro di due al massimo, vestito della sola camicia fermata a mezzo il corpo da una fascia da cui pendeva un altro camiciotto. Un miscuglio di membra magre e brune perché anche quello che ancora non sapeva camminare da sé aveva la pelle annerita dal sole. 

Alfonso non comprese subito quanto strano fosse il con-