Pagina:Svevo - Una vita, 1938.djvu/255

Da Wikisource.

sa un’altra cucchiaiata dopo mezz’ora. Venne assalita dal malessere che già conosceva, molto differente da quello avuto nella notte ma non meno doloroso. Era una stanchezza enorme, proprio il sentimento che i singoli organi si rifiutavano alla vita. Aveva i sudori alla fronte come durante l’assalto di mal di cuore, ma l’occhio anziché semispento, brillante, dilatato dall’angoscia. Non seppe dare spiegazioni ad Alfonso ma le sue parole di compianto la fecero piangere: 

— Quella maledetta medicina! — mormorò dimenticando i beneficî che le aveva apportati. 

Fu una pessima giornata come era stata una cattiva notte. Ella non giunse a dichiarare di star meglio del suo nuovo male perché verso sera fu ripresa dall’affanno che le durò quasi l’intera notte. 

Da allora non ci furono piú neppure delle migliorie passeggiere. Quanto piú l’ammalata peggiorava, tanto piú desiderava la vita, ed era sempre facile convincerla a prendere la medicina che, secondo il medico, era l’unica che potesse ridarle la vita. Era un continuo soffrire per la malattia stessa o per la cura. Un altro segno dell’aumentato suo affetto alla vita era il suo contegno divenuto piú cortese col dottore Frontini. Il male suo era tale che aveva rotto ogni sua resistenza e fattole dimenticare ogni antipatia. Le avevano detto che la salvezza doveva venire dal dottor Frontini ed ella ci aveva creduto. 

Il dottore veniva perciò piú di spesso e si fermava per delle ore a ciarlare con Alfonso piú d’altre cose che della malattia della signora Carolina. Non aveva saputo mostrare la sua scienza su quella e cercava di mostrarla parlando d’altro. Alfonso era lieto di vederlo fermarsi lungamente in camera dell’ammalata perché se durante quel tempo la signora Carolina si sentiva peggio, per quanto Frontini poco o nulla potesse aiutare, egli si sentiva piú tranquillo. 

Mascotti veniva di spesso, ma si fermava alla porta, le gridava qualche parola d’incoraggiamento, ma non entrava. L’ammalata si avvide della sua ripugnanza ad entrare e chiese ad Alfonso: 

— Puzzo tanto che mi si evita cosí?