Pagina:Svevo - Una vita, 1938.djvu/283

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— Non è per amore ad Annetta che s’è attirato questa malattia? 

— Non lo credo! — rispose Prarchi. — Forse è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma sono malattie che si formano lentamente. Chissà da quanti anni essa minava l’organismo di Fumigi! Lavorò troppo e visse da celibe; non mi pare che occorrano altre spiegazioni. Oggi noi possiamo seguire i progressi della paralisi, ma certo è da molto tempo ch’essa s’era messa in marcia. È caratteristico che anche adesso egli continua a fissare con le cifre. 

Attraversarono via dei Forni muti ambidue. La casa Maller, vista attraverso a quell’atmosfera satura d’acqua, aveva il medesimo aspetto che attraverso alla nebbia il giorno della partenza: grigia, solenne, chiusa. Gli abitanti di quella casa, ad onta dell’ora avanzata, dormivano ancora. 

Prarchi non guardava da quella parte. Egli pensava ancora a Fumigi. 

— Adesso me lo confidano, — disse con amarezza, — quando è già passata la fase piú interessante. Non che prima avrei potuto apportargli giovamento, ma adesso assisto al processo con piena indifferenza perché è processo descritto le migliaia di volte con tutta esattezza, mentre prima deve essere stato interessante di assistere all’offuscarsi di quella mente solida abbastanza per avere dei conati alla resistenza. 

Alfonso non apriva bocca disperando di poter apprendere da Prarchi delle notizie su Annetta. Se avesse avuta la coscienza tranquilla avrebbe potuto chiederle esplicitamente, ma non osò. 

Congedandosi, appena Prarchi cadde su quell’argomento. Salutò Alfonso di là dal ponte, gli strinse la mano e a bruciapelo gli disse ridendo: 

— Basta che la signorina Annetta non abbia fatto un’altra vittima! — e guardava fiso Alfonso. — Già era da prevedersi che Macario avrebbe finito col prendersela. Lei è abbastanza intelligente per averlo preveduto come l’ho preveduto io. 

Invece, per quanto Alfonso fosse stato prevenuto, la notizia gli diede due sorprese. Una la notizia stessa alla qua-