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Chiese del vino e Gralli diede ordine che gliene portassero dicendo ad Alfonso con un sorriso malizioso:
— Vino quanto ne vuole!
— Basta vino! — intimò Alfonso. — Bevi acqua!
— L’acqua serve per lavarsi! — rispose Gustavo spiritosamente e tracannò l’intiero bicchiere di vino. Dopo un lungo silenzio si rimise a ridere e asserí che qualcuno gli faceva il solletico al cervello. — Capisco che non ci può essere nessuno che arrivi fin là, ma almeno qualcuno mi augura questo solletico ed io l’ho — si affannò dal ridere.
Alfonso gli disse che la madre lo attendeva alla finestra e che aveva mandato lui all’osteria per condurlo a casa.
— Mamma mi attende? — chiese Gustavo ridendo. — Infatti posso andarmene perché con Gralli ho parlato abbastanza a lungo. Ed io che volevo bastonarlo! Povero diavolo! con quel musetto nero!
Infatti non si poteva credere che quell’ometto, che quasi scompariva dietro al tavolo, fosse un tal seduttore a cui la buona vecchia Lanucci dovesse augurare la morte.
— Vado a dire a mamma che ho messo tutto in ordine; poi ritorno qui. È giusto che la povera vecchia non sia in pena.
Pareva che se ne andasse per ritornare immediatamente e invece non lo si vide piú.
Gralli rise di gusto:
— Venne qui con propositi terribili e in mezz’ora l’ho ridotto come ha veduto, perché sono già due ore che siamo ridivenuti i buoni antichi amici.
— E come si sono accordati? — chiese Alfonso turbato di vedersi trattato da complice, e incapace però di usare modi bruschi.
— Sposarla non posso! — disse Gralli con tranquillità, — ma però è lontana da me l’idea di abbandonarla; finché potrò l’aiuterò. Ritengo che la famiglia si adatterà e le permetterà di venir a vivere con me. Anche il mio capo ha una donna cosí e non vuole neppur lui legarsi per tutta la vita! È affare troppo serio. E poi perché sposarsi?
Anche a lui il vino doveva essere salito alla testa per quanto l’effetto non ne fosse cosí rumoroso come in Gustavo.