Pagina:Svevo - Una vita, 1938.djvu/342

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dio. L’ira però la vinse in lui. Il signor Cellani lo derideva volendo gabellargli per avanzamento quella umiliazione? — Ma che cosa ho fatto io per venir scacciato in tale modo dalla corrispondenza? 

Cellani lo guardò sorpreso. Si avviò al suo posto stringendosi nelle spalle, impaziente, incapace di continuare a fingere: 

— Lo chieda al signor Maller; io non ne so nulla, io! 

Sbuffando gonfiò le guancie e si mise nervosamente a scrivere e a firmare. 

— Sta bene! — disse Alfonso risoluto, — andrò a chiederlo al signor Maller! 

Uscí ma già nel breve intervallo aveva calcolato il pericolo a cui si esponeva andando da Maller. Per fare quel passo aveva sempre tempo, voleva lasciarsi tempo a riflettere. Andò direttamente alla sua stanza e consegnò a Bravicci le lettere come Sanneo gli aveva ordinato. Bravicci gli raccontò che il giorno prima era stato prevenuto che doveva assumere il lavoro di Alfonso. Non ne aveva detto nulla e Alfonso gli consegnò bruscamente gli altri suoi sospesi. Era una persona che per il momento egli odiava. 

— Lei venne destinato alla contabilità? — gli chiese Ballina vedendolo uscire dalla sua stanza col soprabito, il cappello e un fascio di carte in mano. — È il secondo dunque! Questo Sanneo a poco alla volta ci caccia tutti in contabilità! 

Alfonso non scolpò Sanneo e anzi l’osservazione di Ballina gli suggerí la risposta ch’egli doveva dare a tutti coloro che gli avrebbero chiesto la ragione del suo trasferimento. 

Nella nuova stanza ritrovò il suo antico compagno Miceni il quale lo accolse lieto e congratulandosi con lui di essersi finalmente allontanato dalla corrispondenza. Valeva la pena di venir pagati meno, asserí; in contabilità si stava molto meglio e di piú si aveva la gioia immensa di non vedere Sanneo. 

Marlucci gli fece un’accoglienza meno buona ma soltanto perché gli dispiaceva che in quella stanza ove fino ad allora erano stati in due si dovesse acconciarsi in tre.