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121 ATTO VANNUCCI - DISCORSO SU TACITO

maggi della città che tutta con affetto volgevasi a lui e ne celebrava l’onoratissimo nome. Virginio godè pochi giorni della sua gloria, ma fu felice perchè la morte lo colse nel suo migliore momento. Grande fu il lutto pubblico, i funerali solenni e magnifici. Roma disusata a sì commoventi spettacoli corse in folla alla funebre pompa che accresceva onore al principe e al secolo, al Foro e ai rostri. Plinio piangeva il grand’uomo da cui avea ricevuto affetto e cure di padre, e ne annunziava dolorosamente il caso agli amici lontani. Tra quella folla composta a grave mestizia richiamo a sè gli sguardi e l’attenzione un uomo famoso per altezza d’animo e grandezza d’ingegno. Era l’amico di Plinio che veniva a farsi interprete del pubblico dolore onorando di eloquenti lodi e di pianto l’illustre defunto. Tacito eletto da Nerva a entrar console nel luogo lasciato vuoto da Virginio, per dovere di carica ne diceva pubblicamente le lodi. Se l’ammirazione per le forti virtù del grand’uomo eccitò l’eloquenza dell’oratore, anche l’affetto particolare di lui dovea renderne caldo e commovente il discorso, perchè Tacito probabilmente lo avea conosciuto ed amato, e si era trovato con Plinio a quelle conversazioni in cui il severo vecchio raccontava le antiche sciagure vedute e patite, e confortava i cuori dei giovani a sopportare dignitosamente e gagliardamente l’atroce guerra della tirannide. In qualunque modo, l’orazione di Tacito fu molto magnifica, e degna davvero del gran cittadino, perchè Plinio afferma che il colmo della felicità di Virginio fu di avere per lodatore un uomo di tanta eloquenza. Grande e bella fu anche la ventura di Tacito di avere occasione a mostrare il suo ingegno lodando pubblicamente l’uomo che appariva a tutti mirabile per avere, come fu detto, sostenuti più pericoli