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124 ATTO VANNUCCI - DISCORSO SU TACITO

richiamare alla mente le vergogne del passato servaggio e le atroci violenze della tirannide congiurata a spegnere ogni arte buona e ogni fiore d’onestà, e a tentare stoltamente di distruggere la coscienza del genere umano, ha una profondità di pensiero, un accento di sdegno e una severità di eloquenza che annunziano già lo storico immortale di Tiberio e di Nerone. Riempie di raccapriccio collo spettacolo di un popolo ridotto all’estremo dei mali, assediato dalle spie che gli tolsero il commercio di favellare e di udire, e recato al punto di perdere anche la memoria, se in facoltà degli uomini fosse il dimenticare quanto il tacere. Poi quell’abominevole figura di Domiziano spettatore lieto dei comandati delitti, e a sua corte Agricola fatto colpevole dei propri servigi, forzato a rendere ringraziamenti per ingiustizie, e a mettere più arte e studio in far dimenticare sua gloria di quello che non gli fu bisogno affaticarsi per acquistarla sottomettendo e domando orde barbariche. Quando poi non vana affettazione di libertà, nè desiderio di morte ambiziosa, ma le proprie virtù e i vizi altrui precipitarono il prode cittadino, allora lo storico ne consacra gli estremi momenti e la venerata memoria con un tratto di funebre eloquenza che forse non ha patito confronto. È la grave e solenne parola che gli sgorga dal cuore commosso. Non è donnesco lamento, è virile dolore, è dignitoso conforto a sè e a sua famiglia, è onesta speranza di rendere immortali le virtù dell’estinto, e di proporle ad esempio.

Tacito in questo componimento è oratore, e biografo, ed ha il pregio di avere elevata la biografia alla dignità della storia. Oltre ad Agricola fa campeggiare un altro eroe, il popolo britanno, fino allora quasi sconosciuto ai Romani. Quindi novità di colori, e maggiore