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137 ATTO VANNUCCI - DISCORSO SU TACITO

parole. Augusto alterando quella legge a proprio profitto la rivolse contro i libelli famosi per togliere al popolo la libertà della parola che non poteva stare col governo di un solo. Quindi le parole divennero gravi delitti: e ammesso il principio che fossero delitti di stato le parole contro i privati, delitto enorme di lesa maestà a più forte ragione era il dire la propria opinione sui fatti del principe e del suo governo: diveniva sacrilegio il minimo atto d’irriverenza all’imperatore che si avea per un Dio. Con questo nuovo trovato sotto Tiberio e suoi successori la signoria diventò legalmente feroce, e non vi fu più scampo a chiunque avesse l’odio del principe, o colle proprie ricchezze eccitasse la cupidigia dei delatori. L’accusa di maestà fu un universale flagello perchè diveniva compimento di tutte le accuse. Ogni atto più indifferente si accusava come attentato all’autorità imperatoria, come ribellione. La splendida vita, il chiaro nome, l’innocente faceziar tra le mense, il consultar maghi sopra faccende di stato, il tenere amicizia con uno odiato dal prinicpe, il lodar Bruto, il conservare il ritratto di Cassio, trascurare le cerimonie del divo Augusto, il fare un sogno che riguardasse l’imperatore, festeggiare il giorno del proprio natale, e finalmente gli sguardi, la compassione, la tristezza, il silenzio erano delitti di crimenlese che raccolti e portati in giudizio da un delatore esponevano a grave pericolo. Le donne stesse non andavano esenti dalle accuse fatali. Non potendosi accusare di volere occupare lo stato, si accusavano di lacrime: ed una madre fu morta per aver pianto il figliuolo che le avevano ucciso. Per queste accuse giacque immenso macello di ogni sesso ed età, di illustri e d’ignobili: e colmo dei mali era il vedere gl’infelici non difesi da niuno, abbandonati da tutti. Non