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122 | DEGLI ANNALI |
alla battaglia, perchè quei soldati, visto Pisone, già appellato lor padre, superiore di ragione, di forze non debole; non combatterieno. Presentagli poi fuor delle mura del castello in un colle alto, e scosceso, essendo cinto il resto dal mare. Avevano a petto soldati vecchi, ben ordinati e provveduti. Qua era fortezza di uomini, là di sito; ma poco animo, poca speranza, armi rusticane, prese in furia per soccorso. Vennero alle mani, nè vi fu dubbio, se non quanto penaro i Romani a salir su. Allora i Cilici, voltate le spalle, intanano nel castello.
LXXXI. Pisone tentò in vano di combatter l’armata, che non lungi aspettava. Tornò, e su le mura trafelando, per numi chiamando e promettendo, avea cominciato a sollevare; e tal commosso, che un alfiere della legion sesta gli portò l’insegna. Allora Senzio fece dar ne’ corni, nelle trombe, piantare scale, salire al bastione, i più fieri succedere, aste, sassi, fuochi con ingegni lanciare. Ricreduto finalmente Pisone, pregò di render l’armi, e nel castello dimorare; sì Cesare dicesse cui volesse in Sorìa. Non piacque; ma dielisi nave e sicurtà sino a Roma.
LXXXII. Dove le nuove della malattia di Germanico rinfrescando, e come lontane, crescendo, scoppiava il dolore, l’ira e la lingua: „Ecco perchè lo strabalzaro in orinci1: perciò ebbe Pisone la provincia: ciò tramavano i bisbigli d’Augusta con Plancina2; bene di Druso dicevano i nostri vec-