Vai al contenuto

Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/155

Da Wikisource.
148 DEGLI ANNALI


XXX. Nel fine di quell’anno morirono due grand’uomini; L. Volusio, di famiglia antica, ma non più che pretoria; egli vi mise il consolato: fu censore a fare de’ cavalieri; e delle smisurate ricchezze di quella famiglia primo ammassatore; e Crispo Sallustio, nato cavaliere, nipote della sorella di quel C. Crispo Sallustio fioritissimo scrittore di storie romane, che lo fece di quella famiglia; e poteva aver tutti gli onori, ma imitò Mecenate; e senza esser senatore fu più potente che molti consoli e trionfatori. Tenne vita contraria all’antica: ricca, dilicata, splendida e quasi prodiga; fu di animo vigoroso; da gran negozj: e per fare l’addormentato e il freddo, di cotanto più vivo1. In vita di Mecenate, secondo, poi primo fu nel consiglio di quei principi: trattò la morte d’Agrippa Postumo: invecchiato, mantenne anzi l’apparenza che la grazia del principe, come altresì Mecenate; o sia fatale della potenza, mantenersi2 di rado insino all’ultimo, o perchè quando non rimane più a quelli che dare, nè a questi che chiedere, si vengono a noia.

XXXI. Viene il consolato quarto di Tiberio, e secondo di Druso, notevole per tale compagnia di padre e figliuolo. La medesima due anni fa con Germanico nipote, non fu tanto stretta per natura nè grata a Tiberio; il quale nel principio di quest’anno

  1. Tale era Zanobi Bartolini, potente e savio nostro cittadino, e molto grasso, il quale dando a un beccaio udienza con gli occhi chiusi, Dormite voi? rispose, Sì, e sognava di farti mozzar gli orecchi: dì su.
  2. Nel quarto dice che pur la mantenne M. Lepido, e discorre, tra il fato e la prudenza, quale ha più potere.