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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/159

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151 DEGLI ANNALI

di Cesare, poteva dire a ogni uomo da bene, ogni bruttura: schiavi, liberti con voce e mani, spaventavano il padrone. Gn. Cestio senatore disse: „Essere i principi come gl’Iddii, ma gl’Iddii non ascoltare i preghi ingiusti: e niuno in Campidoglio, o altro tempio, fuggire per aiuto a far male. Essere annullate, sprofondate le leggi, da che nel foro, in su la porta del senato, Annia Ruffillia, per averla egli fatta dannare dal giudice per falsarda, gli dicea vituperi con minacce: nè ardiva chiederne ragione, stando ella sotto la statua dell’imperadore„. Altri di simili cose, e più atroci romoreggiavano intorno a Druso, pregandolo a farne dimostranza: Finché ei la fece prendere, e, convinta, incarcerare.

XXXVII. Consilio Equo e Celio Cursore, cavalieri, per ordine del principe e partito del senato furon puniti di falsa querela di maestà, data a Magio Ceciliano pretore. Dell’uno e dell’altro giudizio, Druso ebbe loda: e col mescolarsi e ragionare con la gente, mitigava la tanta ritiratezza del padre. E piaceva più vederlo spendere il giorno in ispettacoli1, la notte in cene, che rinchiuso fantasticare di cose rematiche2 e odiose,

XXXVIII. che Tiberio e le spie gli porgevano tutto dì senza veruno sollazzo o risquitto. Ancario Prisco accusò Cesio Cordo viceconsolo di Candia,

  1. Leggo, come il Lipsio, editionibus, idest ludorum.
  2. Rema dicevano i nostri antichi con greco vocabolo la scesa che cade del celabro. Vedi il Maestro Aldobrandino. A noi è rimasa la voce derivata; e diciamo rematiche le cose malagevoli e fastidiose, che per fisso pensare smuovon rema e catarro della testa affaticata. Non viene da’ aromati, che sono utili e non dispiacevoli.