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LIBRO TERZO 169

quale benché non dimostrata offesa, per grave e indegna della maestà del principe, si credette ch’ei riponesse nel profondo dell’animo. Il senato adunque ordinò le processioni e i giuochi magni da celubrarsi da’ pontefici, dagli aguri, da’ quindici, da’ sette, e dalli augustali insieme. L. Apronio aggiungeva: „E dalli araldi.„ Ma Cesare disse contro; Esserci più sacerdozi, nè mai datosi ad araldi tal maestà. Il collegio d’Augusto starvi bene, come proprio di questa casa, per cui si pregava.

LXV. Riferisco soli i pareri di notabile laude o vergogna; stimando uficio principale d’annalista non tacere le virtù, e da’ rei fatti e detti, per l’infamia perpetua, ritirar gli uomini. Que’ tempi furono sì fetidi d’adulazione, che non pure i grandi, forzati andare a’ versi, per sostenersi, ma tutti i consolari, parte dei pretorj, e molti senatori di piede1, si rizzavan su, e facevano a chi più alte

    come dice il Lipsio, con l’autorità sola d’un marmo, non so se bastevole.

  1. Di minor qualità; dal consolo non richiesti di parlare. Così detti (dice Agellio) non dal rizzarsi e accostarsi a chi gli paresse aver meglio parlato, perchè si rizzavano anche tutti, e andavano in altra parte quando si deliberava per discussione, quasi come quando i pontefici si creano per adorazione; ma perchè andavano in senato a piedi, e non in carro, come i seduti di magistrati maggiori, e per ciò detti Curuli. Non poteva più anticamente, dice Cornelio nel 12, andare in Campidoglio in carretta, se non i sacerdoti e le cose sante. Agrippina, madre di Nerone, per gran superbia v’andò. Le donne nostre oggi son più che Agrippine e senatoresse, non mica pedarie, ma curuli e trionfanti della scacciata modestia e cura della famiglia, che già teneano le venerande antiche, celebrate da Dante nel quindicesimo del