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219 LIBRO QUARTO

dolo per modestia, li si mandò Valerio Naso Pretorio per sorte tratto.

LVII. Allora finalmente Cesare, dopo lungo consiglio e indugio, andò in campagna, in nome di edificar tempj in Capua a Giove, in Nola ad Augusto; ma risoluto di viversi fuor di Roma. Dissi con molti autori, che questa fu arte di Seiano; ma, veduto che ucciso lui, egli stette sei anni in quella solitudine, vo pensando se e’ fu pure suo concetto, per nascondere con le luogora le crudeltà e sporcizie ch’ei pubblicava col farle. Altri credevano, per vergognarsi ancor vecchio del suo brutto corpo lungo, sottile, chinato, calvo; viso chiazzato di margini, e spesse schianze o piastrelli; e anche in Rodi sfuggiva la brigata, e i piaceri nascondeva. Altri dicono, per levarsi dinanzi alla madre insopportabile; chè per compagna nel dominare non la voleva: e cacciare non la poteva, avendo lo imperio da lei; avvegnaché Augusto volesse darlo a Germanico, nipote di sua sorella1, che piaceva a ogn’uno; ma vinto dalle moine della moglie, adottò a sè Tiberio, e a lui Germanico; il che Augusta gli rimproverava, e se ne valeva.

LVIII. Partissi con poca corte; di senatori vi fu solo Cocceo Nerva, stato consolo, in giure ammaestrato: di cavalieri romani di conto, Seiano e Curzio Attico, e altri scienziati, li più greci, per trattenerlo col ragionare. Diceanlo gli strolaghi, partito in punto da non tornare in Roma; che fu rovina di molti, che intendevano e cicalavano che e’ mor-

  1. Germanico d’Antonia minore, d’Ottavia maggiore, di Augusto sorella.