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220 DEGLI ANNALI

rebbe tosto; non potendo antiveder caso sì da non credere, che egli avesse a star fuori a diletto undici anni. Videsi poi quanto l’arte rasenti l’errore e sia scura la verità. Che in Roma non tornerebbe, fu detto bene; ma non veduto, che egli per le ville, presso o lungo il mare, e spesso in su le mura della città, invecchierebbe tanto.

LIX. Un pericolo corse in que’ di, che aggiunse al popolo che dire, e a Tiberio fede di un grande e fermo amore di Seiano. Mangiando alla Spelonca, villa tra ’l mare d’Amucla e i monti di Fondi, in una natural grotta, la sua bocca franò con molti sassi addosso a certi serventi. Fuggirono tutti a spavento. Seiano appuntò ginocchia, capo e mani, e fece sopr’a Cesare di sè arco e riparo1 alla cadente materia; così sospeso il trovarono i soldati corsi in aiuto. Questo caso lo fece maggiore, e ogni rea cosa che ei proponesse gli era creduta come non curante di sè. Facevasi arbitro delle accuse, che egli medesimo, sotto altri nomi, alla casa di Germanico dava; massimamente a Nerone, primo a succedere, giovane modesto, ma non sapea navigare, e li suoi liberti e partigiani, che non vedevan l’ora di farsi grandi, l’aizzavano a farsi vivo, mostrare il dente; così voleva il popol romano; desideravano gli eserciti; nè ardirebbe Seiano guatarlo, che ora della pazienza del vecchio, e della freddezza del giovane si facea giuoco.

LX. Questi curri non lo inducevano a mali pensieri, ma a parole superbe, mal pesate; le quali

  1. Se questa grotta faceva come quella dì Polidamante, era sepoltura d’ambidue.