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LIBRO QUARTO 231

terna gli tribolava, a cui si cercava rimedio con l’adulare. Per ogni cosa che si trattassi, deliberavano altari alla Clemenza, altari all’Amicizia, immagini a Cesare e Seiano, supplicandoli che si lasciassero vedere. Troppo era venire in Roma o vicino; bastò uscire dell’isola, e mostrarsi presso a Capua. Là Padri, là cavalieri e molta plebe, corsero affannati per veder Seiano: cosa ardua, ambita con favori e con farsi compagno alle scelleratezze, fasto senza dubbio gli accrebbe quel brutto servaggio, apparso molto più quivi; perchè in Roma le strade corrono, la città è grande, non si sanno i negozi. Quivi per i campi e lito, tutti a un modo giacieno dì e notte, aspettando a discrezione de’ portieri: e questo anche vietato, tornaronsi a Roma sbaldanziti, cui non degnò udire, nè vedere: altri con baldanza infelice di quell’amicizia, cui soprastava rovina.

LXXV. Tiberio fece sposare in sua presenza Agrippina di Germanico sua nipote, a Gn. Domizio, e le nozze farne in Roma. In Domizio, oltre all’antichità della famiglia, piacque l’esser parente de’ Cesari, essendogli avola Ottavia, e per lei zio Augusto.

fine del libro quarto.