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SUPPLIMENTO AL LIBRO QUINTO 243

Cesare, spregiar Caio, mostrar ambizione, adonar chi odiava, accorre i voti dei clienti, molto dare, più promettere, col lusso ed odio abbacinar Tiberio, di ciò lietissimo; che presagiasi in breve dall’incauto, d’onor tanti rigonfio, più certane tracce di suoi disegni.

XXIII. In questo gioco di fortuna e furberia del sospiccioso principe, Velleio Patercolo1, ingegnosa elegante penna, ma soro, di lode e favore avido, in breve libro le gran geste del popolo romano epitoma, accolta mostrando in Tiberio, sostenuta da Seiano, la maestà dell’impero, con vittorie tante in tanti secoli procacciata, eternando in iscritto a sommo sfregio di suo nome e della storia l’adulazione, infame anco in parole volanti del fato e dell’odio seianiano affatto degno, e d’ogni censura ma che per gl’ingordi di lode e venali autori, pochi d’ingegno rivali, dell’adulatoria viltà molti, con pari brobbrio, avrà sempre.

XXIV. Tiberio Cesare la quinta volta ed Elio Seiano entrano in consolato, vivissimamente, ma a diverse mire, da ambi cerco: Tiberio a Capri, Seiano a Roma. Più lieta e pomposa non apparve ella mai. Fisa nel console, in cui vedea il suo vicin padrone, obliato quasi il principe, a Seiano si prostra tanto più umile, quanto facile a piccarsi, a cattivarsi arduo, superbo alla fierezza, irreconciliabile, è uom di fortuna. Tutti alle soglie del consolo a

  1. Fa stomaco quest’adulatore nel tanto incensar que’ due mostri, sopra tutto al L. II, dal capo 126. Valerio Massimo, a rovescio, scrive contro Seiano da invasato, spezialmente al L. IX, II, n. 4, così pure Svetonio contro Tiberio, che ovunque può lo morde.