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248 | DEGLI ANNALI |
pur qual era a tutti eventi e casi, gelò Tiberio al periglio; ma col suo spirito uon balocca, qual si suole; e le più pronte vie studia da sventar la mina. Seiano aborrendo, de’ pretoriani in timore, non curando il resto, fermò cattivarsi con premj i pretoriani, infamar Seiano con vil morte; verrebbon da sé gli altri imbelli al maglio.
XXXIV. Eran consoli Memmio Regolo e Fulcinio Trione: questi per l’accusa di Libone, pel favor di Seiano, infame; l’altro non sì vivo, ma d’autorità e costanza egregio, e però scelto a trappolar Seiano. Chiama poi Cesare Sertorio Macrone segretario di stato: lo crea capitan della guardia; con piene istruzioni, e dispaccio mandalo a Roma, con avviso (a quel si disse) ebe nascendo in città rumore, e tentando l’armi Seiano, cavi Druso da’ sotterranei, e dielo capo al popolo.
XXXV. Entra a notte Macrone in Roma, i sovrani ordini a Memmio Regolo console, e a Grecino Lacone prefetto de’ vigili comunica: regola tutto a pubblica quiete, a sicurezza di Cesare, a sterminio di Seiano. Ma Cesare, persuaso nulla precauzione esser troppa in sommo rischio, fa allestir navi da rifugiarsi a caso disperato alle sue più fide legioni; ed ei d’altissima rupe a spiare i segnali ordinati, da escir per la più corta di speme o tema.
XXXVI. Surse in fine il feral dì. A’ 18 ottobre convocati i Padri, al tempio vennero d’Apollo, vicino al palazzo; e Seiano pure, cinto da’ pretoriani. Entra egli a palazzo, e scorto Macrone, stupisce a non veder lettera del principe; ma con rispetto da Macrone salutato, e’n disparte cennatogli del farlo Cesare collega nel tribunato, e che va a