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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/256

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SUPPLIMENTO AL LIBRO QUINTO 249

dare al consolo il dispaccio da leggerlo a’ Padri; entra al tempio, superbo d’essere omai alla meta. Palesa tosto a’ pretoriani Macrone, che darà a ognuno il principe mille danari, e ch’è egli il lor prefetto: entrato poi in senato e consegnato il dispaccio, torna a loro, con ordine di ritirarsi a quartiere. Della novità lieti più ch’ammirati, van via. Dopo che, di vigili il tempio cinge Lacone.

XXXVII. Qui fiamma, come gran globo, apparve e svani tosto; di volubile fortuna presagio a chi va dietro a inezie e prodigi. Poiché tra’ voti e uffici de’ Padri, che con Seiano congratulansi del tribunato, aperto il cesareo dispaccio, più cose Memmio Regolo circa la repubblica vi lesse; poche equivoche di Seiano, da’ Padri prese in bene; indi non so dire per lui di tristo, con loro stupore, e con dipartirsi da lui taluni: in fine più fieri sensi, e ordine di punir due senatori, di Seiano intimi, d’arrestar Seiano (ch’a non esacerbar gli animi, ne prescrivea in segreto la morte ); ei verrà in Roma a momenti: s’invii un dei consoli a scortar il vecchio principe, bisognoso d’appoggio, insino a loro; colla guernigion militare. Isolato di colpo, smarrito come in vasto abisso, impallidì Seiano: da’ pretori e tribuni di plebe cerchiato, agghiadò; alla chiamata del console, „Su Sciano!„, non da orgoglio, ma ad ubbidir non uso, e fuor di sé, nulla intese. Al secondo e terzo chiamar del console a mano sporta. „Su Seiano!„, levatosi semivivo, accorse Lacone, e ’l sostenne. Cangiata fortuna, a un tratto confuse grida e bestemmie de’ senatori gli sonan contro d’ovunque.

XXXVIII. Ma Memmio Regolo l’incertezza te-