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266 | DEGLI ANNALI |
per istracchi dalla quantità, o per non dare a’ lettori la sentita malinconia delle troppe o noiose. A me son capitate molte cose memorevoli, da altri passate.
VIII. Una è: che in quel tempo che niuno voleva avere avuto con Seiano amicizia, M. Terenzio, cavalier romano, accusatone, ebbe cuore1 di difenderla in senato con queste parole: „Farebbe forse più per me misero negare questo peccato, che confessarlo; ma fia che vuole, dico, che fui amico di Seiano: n’ebbi desiderio: e, ottenutolo, allegrezza; perchè io lo vedeva compagno del Padre al governo delle coorti pretoriane; poscia della città e della milizia: gli amici o parenti di lui, pieni d’onori; quanto uno era accòsto a Seiano, tanto potere in Cesare: chi con lui male stava, sempre stare in paura o vergogna. Niuno nomino; ma difendo me, e gli altri, che non fummo della congiura. Noi adoravamo, non Seiano da Bolsena, ma un membro, per lo parentado fatto, di casa Claudia e Giulia: un tuo genero o Cesare; un tuo compagno nel consolato; uno che faceva nella repubblica gli uffìcj tuoi. Non abbiamo a guatar noi chi tu esalti sopra gli altri, nè perchè gl’Iddii hanno a te dato l’universale disponimento; a noi rimane la gloria dell’ubbidirti; guardiamo quanto ci è davanti, cioè chi da te abbia ricchezze, onori e podestà di giovare e di nuocere; le quali cose niuno