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268 | DEGLI ANNALI |
delli accusanti, liberò Appio e Calvisio. Gli altri tre, disse Cesare, che insieme col senato giudicherebbe altra volta; e male fiancate diede a Scauro.
X. Non eran fuori di pericolo anco le donne, che, non potendosi d’occupata repubblica, di lagrime s’accusavano; e fu fatto morire Vizia vecchierella, per aver pianto Fufio Gemino figliuol suo. Fatte furon queste cose dal senato; e il principe fece morire due, i più antichi di sua famiglia, statigli a Rodi e in Capri sempre al fianco, Vesculario Fiacco, messaggero nel tradimento di Libone, e Giulio Marino, compagno di Seiano all’acciacco di Curzio Attico. Tanto più ne giovò di vederli presi alle reti1 loro. L. Pisone pontefice (miracolo allora in sì chiaro uomo) morì di sua morte. Non propose mai cosa servile di sua volontà; quando era forzato, le moderava con sapienza; ebbe, come ho detto, padre censore: visse anni ottanta; meritò in Tracia le trionfali; ma la sua maggior gloria fu la continovata podestà di Roma, non solita, però più grave a ubbidirsi, da lui temperata a maraviglia.
XI. Avvenga che prima i re, poscia i magistrati,
- ↑ Malum consilium consuliori pessimum, era il proverbio romano, nato, come dice Agellio, dalla malignità de’ sacerdoti fatti venir di Toscana a ribenedire la statua d’Orazio Cocle, percossa da saetta; che anzi la maladissero e fecerla sì abbassare, che non vi desse mai sole. Confessaronlo per tormento, e furono uccisi. E i fanciulli per Roma cantavano il sopraddetto verso, tradotto da quel d’Esiodo [testo greco] col quale Democrate da Scio (come riferisce Aristotile nel terzo della Rettorica) morse Menalippide de’ troppo lunghi periodi; peggiori per chi gli fa che per chi gli ode: Capiti suo malum suit ille qui alteri malum suit: longa vero anabole, ei qui fecit pessima.