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LIBRO SESTO 269

quando andavano fuori, per non lasciare senza capo la città, eleggessero per a tempo, chi rendesse ragione, e rimediasse ai subiti casi. Dicono che Romulo vi lasciò Dentro Romulio, Tullio Ostilio, Numa Marcio, Tarquinio Superbo, Spurio Lucrezio. Poscia anche i consoli sostituivano il che oggi si raffigura, quando per le feste latine si mette uno che faccia l’ufficio del consolo. Augusto nelle guerre civili occupato, fece Cilnio Mecenate, dell’ordine de’ cavalieri, suo luogotenente in Roma e Italia. Quando fu poi padrone d’ogni cosa, per lo gran popolo, e per li tardi giudizj legali, diè podestà ad uomini, stati consoli, di tenere in freno i servi, e que’ cittadini che intorbidano se non veggono alzata la mazza. Messala Corvino fu il piamo che l’ebbe: e in pochi giorni la lasciò, quasi non atto. Statilio Tauro, benché molto vecchio, si portò egregiamente. Seguitò Pisone per anni venti, con pari loda, e per decreto de’ Padri ebbe l’esequie pubbliche.

XII. Quintiliano, tribuno della plebe, propose a’ Padri la dimanda di Caninio Gallo, uno de’ quindici, di ricevere un libro della Sibilla, e se ne vinse il partito. Cesare scrisse, che il tribuno, come giovane, sapeva poco d’antichitade: e garrì Gallo che, consumato in iscienza e divinità, simil cosa trattasse in senato: scarso di numero, senza certo autore, sentenza del collegio, lettura e censura dei maestri, usate a simili versi; e avvertì che Augusto, veduto molte sciocchezze leggersi sotto grandi nomi1; ordinò che tra tanti giorni si portassero al

  1. Augusto de’ libri sì fatti ne arse dumila, dice Svetonio in Augusto 31.