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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/277

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270 DEGLI ANNALI

pretore, e vietò tenerle i privati. Come fecero gli antichi allora che per l’arsione del Campidoglio, nella Guerra Sociale da Samo, Ilio, Eritri, Affrica, Sicilia e colonie d’Italia, trassero i versi della Sibilla o Sibille; e commisero a’ sacerdoti che con ogni umano potere cernessero i veri. Così anche allora questo libro fu a’ quindici dato a cernere.

XIII. Nel detto anno, per lo gran caro fu per levarsi il popolo; e molte cose molti giorni domandò nel teatro, con licenza non usata a imperadori; di che alterato, riprese i magistrati e i Padri per non l’avere raffrenato con l’autorità pubblica: e ricordò quanto grano, e onde, conduceva egli più che Augusto. Per lo che il senato distese un severo bando per gastigare all’antica il popolo. I consoli spacciatamente il puliblicarono. Il non vi por bocca egli, credette doversi attribuire a civiltà, e fu a superbia.

XIV. Nel fine dell’anno Geminio Gelso e Pompeo, cavalieri romani, furono uccisi per la congiura di Seiano. Geminio gli fu amico perchè spondea e vivea morbidamente, non per cosa di conto. Giulio Celso, tribuno, allentò in carcere la catena, o incappiatalasi al collo si strangolò. Rubrio Fabato, facendo Roma spacciata, se ne fuggiva alla misericordia dei Parti. Veramente costui1, preso nello Stretto di Sicilia, e rimenato da un centurione, non dava cagioni capaci del suo dileguarsi. Pure dimenticato, anzi che graziato, scampò.

XV. Nel consolato di Sergio Galba e L. Silla, Cesare, essendo da marito le figliuole di Germanico,

  1. Leggi sane is, perchè quel sanus repertus era troppo sproposito.