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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/300

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LIBRO SESTO 293

medici1, e di chi, passati i trenta anni, domandava altrui, che gli sia sano, che no.

XLVII. In Roma intanto si gettavano i semi delli ammazzamenti dopo Tiberio ancora. Lelio Balbo accusò di maestà Acazia, moglie già di P. Vitellio. Fu dannata; ordinossi il premio all’accusante. Giuno Ottone, tribuno della plebe, l’impedì; ambi n’acquistaro odio, e Ottone appresso l’esiglio. Di poi Albucilla, quella dalli tanti amadori, stata moglie di Satiro Secondo, scopritore della congiura, fu rapportata per insidiatrice del principe; e con lei, come scienti e adulteri, Gn. Domizio, Vibio Marso, Lelio Arunzio. Dello splendore di Domizio dissi di sopra; Marso ancora per antichi onori e lettere riluceva; ma quel vedersi per lo processo lettosi in senato, che Macrone i testimoni interrogò, i servi collò; e quello non avere lo imperadore contro costoro niente scritto, o per non sapere, o per la infermità, davan sospetto di calunnie false di Macrone per la nota nimicizia sua con Arunzio.

XLVIII. Perciò Domizio pensando a sua difesa, e Marso quasi deliberato morir di fame, non s’uccisero. Arunzio, dagli amici confortato, al medesimo rispose: „Non a ogni uno star bene le medesime cose: esser vivuto assai; nè aver da pentirsi che d’essersi lasciato calpestare, già da Seiano, or da Ma-

  1. Leggiadramente dice il Cavalca: „Avicenna conta molti mali delle medicine. Sono velenose, fiaccano la natura, fanno più presto invecchiare, volano col tristo umore il buono, parte de’ vitali spiriti, e molta virtù delle membra. Chi a’ medici si dà a sè si toglie. Astinenza è somma medicina a sanità di corpo e d’animo. „ Vedi Anneo Ruberto, lib. i, cap. 5.