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334 | DEGLI ANNALI |
offertali vita e impunità. O da lui rivelati, o a talento del principe supposti, Betilieno Basso, questore e figlio del soprantendente, e senatori e cavalieri furon presi. Nè però ebbe grazia Papinio, ma da acerbi strazi fu morto.
XLIV. Indi Caio a esame no, ma a sfogo, tormentò altri con flagelli, cordicelle, strettoi, eculeo, fuoco e col suo ceffo; a ciò sol attento ch'a morir tardassero. Nè il gemere pur consentendo, solo respiro a chi soffre e muore, e pur forse de’ franchi sensi, che in estremo spasimo esprime chi piò non ha che patire, temente; fa lor turar di spugne la bocca: e mancando queste, metter in brani di quei grami le vesti, e stoppamela, all’anima serrando il varco per piacer di straziare fin nell’ultimo fiato.
XLV. Nè de’ diurni tormenti sazio, prolungavali a notte, per non interromperne il diletto: e a diporto nelle logge de’ materni orti, che van tra’l portico e la riva, alcuni di quei con matrone e senatori, decollò a lume di faci. La ferale scena con altra piò barbara coronò; facendo la stessa notte da’ centurioni, che mandò per le case, ammazzar degli uccisi i padri, onde non soprasti chi sua crudeltà rinfacci.
XLVI. In tante morti, per nulla notabili, una ve ne fu distinta; che ordinato a Capitone d’assistere alla strage del figlio, chiedendo egli se’l poteva ad occhi chiusi, fu tosto dannato a morte; e già presso al supplizio, fìntosi de’ congiurati, n’esibì accusa. Ma spense tosto la gioia della speme di nuove vittime, il dar per autori e capi della congiura i ministri delle libidini del principe, i prefetti di Roma, e de’ pretoriani, Calisto occhio dritto de’liberti, la moglie stessa di Caio, Cesonia. La libertà guasta da menzo-