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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/373

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366 DEGLI ANNALI

gogna, di lor perfidia pentiti, aver adorata di Claudio l’immagine, rinovato il giuramento; Scriboniano forsennato esser fuggito in Lissa, e quivi in grembo alla moglie ucciso da Volaginio il dì quinto dalla ribellione„.

XXXVII. Da tai riscontri l’abbiosciato principe rinfrancato, a’ primi gradi militari sollevò da fantacino Volaginio; e ad animare a fedeltà la soldatesca, oltre i premj usati, volle che la settima e l’undecima legione dal senato s’appellassero Claudiane, Pie, Felici; con lode di provvido principe, se puniti gli autori pel delitto con gli altri dissimulava o li obbligava colla clemenza. Ma Messalina e i liberti, preso tal destro ad avventarsi contro vite e averi, a smodata severità l’adizzaro. Viniciano, e più altri, col troncarsi i giorni il giudizio delusero; il resto, senatori, cavalieri, uomini, donne, custoditi o carcerati: chiamati a deporre non solo schiavi, e liberti, ma ingenui pure, esteri e cittadini: messi al martoro anco senatori e cavalieri, benchè salendo al trono giurasse Claudio di non collar libero. Egli a’ consoli in mezzo, in seggio curule o tribunizio, assistendo i prefetti pretorj, presenti i liberti, riferiva al senato, la lesa maestà vendicando.

XXXVIII, Più donne, oltre gli uomini, giustiziaronsi in carcere; altre, ch’è peggio, quai cattive, carche di catene traeansi a’tribunali, e morte gìttavansi sulle Gemonie; Ma le teste degli uccisi eran solo fuor di Roma esposte. A’ figli donossi la vita; a certi i paterni beni. Ma l’odio del rigore crebbe dall’impunità dei più rei, che col favore e coll’oro compraronla da Messalina e da’ liberti; pel delitto infami e per la grazia.