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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/372

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SUPPLIMENTO AL LIBRO NONO 365

Narciso, fe’giocar l’impostura, eseguendo così le concertate parti:

XXXIV. Fingendo stupore, entrò Narciso anzi giorno da Claudio, affermando aver sognato Appio che assaliva il principe: „Il sogno stesso ho più notti fatto io,„ ripiglia da attonita Messalina. Poco stante, per misure prese, annunziasi ch’entrava con violenza Àppio, cui il dì prima era stato imposto di presentarsi; qual se s’avverasse a puntino il sogno, l’ordine fu, si chiami tosto e s’uccida. Il dì dopo, Claudio, non che del tradimento, della frode ignaro, narrò tutto fil filo al senato, e ’l liberto ringraziò, ch’ancor in sonno a sua salvezza vegghiasse.

XXXV. Qui in ira tutti, e in pavento di principe, per poca testa, crudele. I grandi che più corron rischio, e speran di più, meditan novità. Annio Viniciano che le brama, e per manco di truppa, non può, per lettera Furio Camillo Scriboniano, Legato di Dalmazia, ad abbottinarsi istiga. E più facilmente vel trasse, ch’egli aspirava all’impero, nè indegno n’era, e legioni e gran soccorsi avea. Dall’autorità mosse del generale, e dal lecco della novità, giurano a lui. Più senatori e cavalieri del partito, vanno in Dalmazia.

XXXVI. Più gonfio Scriboniano pe’ buoni principi d’amica fortuna, stimando che ’l timido Claudio anco senza guerra sbigottirsi potea, con onte e minacce gli scrive: „ Ceda l’impero, e ’n privato ozio si viva.„ Già ondeggiava quella lieve canna, e coi primai conferiva se ubbidire o no; quando giunse nuova: „Esser in fumo la fortuna di Scriboniano, nè potuto ornarsi l’aquile delle legioni, nè sverre e muover le Bandiere; i soldati da coscienza e da ver-