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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/375

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368 DEGLI ANNALI

vel protestai, disse, che trovata avrei qualunque dura strada a morte se una facile mi negavate.„ Sì sforzandosi a morire incontrò sorte; chè intimata morte al marito, abborrendo egli altrui colpo, e pur non saldo a darselo, col pugnale già tastando il petto, presente Arria; che strettolo in mano, tralissesi il seno e cavatolo: „Te’, non duol, Peto„ disse e spirò.

XLIII. In dissimile, ma pur singolar caso, andò chiaro Lucio Ottone, che saldo in dovere, certi soldati nell’Illirico (che nella ribellion di Scriboniano pentiti, uccisi avean lor uffiziali, come autori di fè mancata a Claudio) osò punir della vita, e ciò anzi le principia, sè presente; benché per ciò stesso a maggior grado promossi altri da Claudio sapesse; gloria mercandone cogli sperti di militar disciplina, ma cadendo di grazia al principe. Questa non riebbe solo, ma aumentò a gran lode d’antica severità, a massima d’intera fede; i rei disegni contro lui scoprendo d’un cavalier romano, come cadrà a taglio di dir l’anno appresso. In questo, morto un dei tribuni, gli altri, in faccia pur a’ consoli sonaro a senato per surrogar il nuovo.

XLIV. Sotto Tiberio Claudio Cesare, il terz’anno, e L. Vitellio, il secondo, consoli, era all’eccesso il novero de’ dì festivi e solenni. Ripresse Cesare, non estinse, il disordine cominciato da pietà, cresciuto colla licenza, pullulante tutto di per adulazione; anzi peggiorando il costume, rinverzì con maggior danno di religione e dello stato. Abolironsi pure i vituperj che restavano di Caio, reso quel che a torto avea egli donato o tolto. Riebber anco i soprantendenti delle vie colla dignità il danaro, con multe ed in-