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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/412

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LIBRO UNDECIMO 405

do voleva dar loro un generale gli desse prima le trionfali.

XXV. Dell’origine di Rufo, che alcuni dicono nato d’un gladiatore, non direi il falso, e mi vergogno del vero. Fatto uomo, s’accontò col questor dell’Affrica; e trovandosi in Adrumeto, ne’ portici, tutto solo di mezzodì, gli apparve una donna più che’ umana, e gli disse: „Rufo, tu ci verrai viceconsolo„. Incorato da tale agurio, tornò a Roma; e con danari d’amici e vivezza d’ingegno, divenne questore: e poi a competenza di nubili, pretore, col voto del principe Tiberio, che disse per ricoprir sua bassezza: „Rufo mi par nato di se stesso.„ Molto visse: fu brutto adulator co’ maggiori, co’ minori arrogante, con gli eguali fastidioso. Ottenne lo imperlo consolare, le trionfali, e finalmente l’Affrica, ove morì, e l’augurio avverò.

XXVI. In Roma Gneo Novio, illustre cavalier romano, tra molti che salutavano il principe, fu trovato con l’arme sotto, senz’essersene mai saputo il perchè. Straziato da tormenti, confessò di sè; complici, o non vi ebbe o non nominò. Questo anno P. Dolabella pronunziò, che lo spettacolo delli accoltellanti si facesse ogni volta a spese de' questóri di quell’anno. Gli antichi nostri davano la questura per premio di virtù; e poteva ogni cittadino che si sentisse virtuoso chiedere magistrati; e faciensi consoli e dettatori di prima giovinezza, non si guardando a età. Ma i questori furono insino da’ re ordinati; il che móstra la legge Curiata, che Bruto rinovò; e gli faceano i consoli sino a che anche questo onore volle dare il popolo. I primi fatti, furono Valerio Poto ed Emilio Mamerco, l’anno sessantatre dopo la