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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/450

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LIBRO DUODECIMO 443

morte del principe, fu mandato in esilio, e con lui Giunia sua madre, che aveva rotto il primo confino suo. Camillo, padre dello Scriboniano, mosse armi in Dalmazia; e Cesare si recava a bontà perdonare allora anche al figliuolo del suo nimico. Vi morì prestamente; vollon dire alcuni di veleno. Fecesi in senato di cacciar d'Italia gl’indovini, legge rigida e in vano. Il principe lodò molto certi senatori uscitisi del grado per povertà; e ne cacciò altri simili, che pure il volevano tenere.

LIII. Fu proposta e vinta pena alle liberte, che senza licenza del padrone si congiugnessero con ischiavi, di ritornare esse schiave: ma nascerne liberti. Barca Sórano, consolo eletto, aggiudicò insegne di preture e trecento settantacinquemila fiorini a Pallante, cui Cesare disse trovatore di tal proposta; aggiunse Cornelio Scipione, che Pallante fusse ringraziato in pubblico, poichè per lo ben pubblico egli, nato de’ re antichi Arcadi, si dichinava a essere uno de’ ministri del principe; Claudio fece fede, che il buon Pallante si contentava dell’onor solo, e viversi nella sua povertà. Tosto il senato a questo libertino, ricco di sette milioni e mezzo d’oro, per decreto in bronzo, affisso in pubblico, attribui somme laudi d’antica parsimonia.

LIV. Non così contegnoso fu il suo fratello, detto Felice, messo prima a reggere la Giudea, il quale ogni libito si fe’lecito col caldo sì grande. Veramente i Giudei fecero cenno di ribellarsi, quando udita la morte di Caio, non ubbidiro *** si temeva che un altro principe non comandasse le stesse bestialità. Felice e Ventidio Cumano, con rimedi a rovescio, facevano a chi più accendere a ogni mal fare; go-