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92 | DEGLI ANNALI |
libertà, disse: Nulla essere illustre, o degno del popol romano, fatto fuor dell’occhio del principe; però a lui doversi la dieta d’Italia, e tanto corso di province riserbare. Tiberio gli stava a udire e taceva; molto si dibattero; ma la spedizione si riserbò.
XXXVI. Gallo la prese anche con Cesare, volendo che gli uffici si dessero per cinque anni; e che ogni Legato di legione s’intendesse allora fatto pretore; e che il principe ne nominasse dodici duraturi cinque anni1. Scorgevasi in questo parere misterio sotto; che a Cesare toccherebbe a dare meno uffici; il quale quasi non gli paresse scemare, ma crescere podestà, sermoneggiava: „Grave essere alla modestia sua2 tanti eleggerne, tanti mandarne in, lungo. Se d’un anno s’adirano ora, che sperano ’nel vegnente; quanto l’odierebbono a farli storiare oltre a cinque? Come potersi tanto tempo antivedere, che mente, famiglia, fortuna, uno avrà? Insuperbiscono a tenere un anno l’Onore, che farieno in cinque? Incinqueriensi i magistrati3, manderiensi sozzopra le leggi, che hanno assegnato a’ vogliolosi gli spazj ragionevoli a chieder gli uffici, e goderli„.
XXXVII. Con questa sembianza di caritatevol parlare ritenne la sua podestà, e a’ senatori poveri giovi. Tanto più fece maravigliare la sua superba risposta a’ preghi di M. Ortalo, giovane nobile, venuto in
- ↑ Leggo quinos, perché singulos non può stare.
- ↑ Con questo medesimo, Gallo fece similmente il modesto nel primo libro.
- ↑ Omero, Dante, e tutti i grandi, formano nomi dalle cose. Quintiliano, e tutti i gramatici, l’approvano, quando calzino appunto, come qui, dove Tiberio schernisce la cinquannaggine, che Gallo voleva de’ magistrati.